Nei giorni scorsi la Giunta provinciale ha tenuto a far conoscere il Programma normativo 2017-2018 ovvero l’elenco delle norme che nei rimanenti venti mesi di legislatura occuperanno l’attività consiliare. In un clima da tardo Impero, si parlerà di semplificazione dei procedimenti amministrativi, edilizia pubblica, asili nido, appalti ecc.
Per chi si propone come alternativa può essere invece opportuno riflettere sulle tappe che hanno segnato questi tre anni e mezzo di Centrosinistra-autonomista a trazione Patt e sul contesto generale, sociale e collettivo, in cui versa la nostra Terra.
Potremmo partire dalla vicenda dei vitalizi che, a poco più di due mesi dall’insediamento del presidente Rossi, oltre a saccheggiare le casse della Regione, ha travolto la credibilità nazionale della nostra Autonomia fornendo ai suoi detrattori un’arma formidabile.
Tra il febbraio 2014, quando in seguito a un’interrogazione del M5s le vagonate di milioni uscite dai conti della Regione vennero rese pubbliche, e oggi, una sequela ininterrotta di rovesci in tutti i settori in cui il presidente Rossi e i suoi assessori si sono cimentati. Proviamo a ricordarne alcuni.
In campo sanitario il Trentino ha assistito attonito all’accordo tra Piazza Dante e Roma per la chiusura dei punti nascita territoriali, al taglio di servizi fondamentali come le guardie mediche, oltre alla confusione che regna evidente in molti ambiti. Quanto a infrastrutture, questa legislatura doveva portare a buon punto i lavori per il Nuovo Ospedale di Trento, ovvero del centro che avrebbe sopperito all’eliminazione dei servizi nelle valli. Dopo che la cocciuta procedura di assegnazione dell’appalto da parte della Provincia è fortunatamente crollata a causa dell’illegittima presenza di dirigenti che era chiaro fin dall’inizio ne avrebbe messo a rischio l’esito, l’unica destinazione certa dell’area al Desert (peraltro senza dimenticare le dilatorie divagazioni su Mattarello) è quella per l’Adunata degli Alpini.
Rimanendo in tema di infrastrutture, la famigerata Alta Capacità/Velocità ferroviaria (TAV) sul nostro territorio è ferma al palo. Mentre rischiamo di subire le pesantissime conseguenze in termini di traffico derivanti dall’apertura del Tunnel di base, alle nostre latitudini da anni ormai si sentono solo proclami. I cittadini possono ammirare pittoresche riproduzioni acquerellate della valle dell’Adige, senza uno straccio di progetto e, soprattutto, senza che 1 euro sia ancora stato messo a bilancio.
In economia, lo spazio lasciato vuoto dalla fuga inarrestabile delle grandi aziende (nonostante i copiosi mezzi resi disponibili dalle risorse provinciali, anche nel campo della ricerca), è rimasto tale nella maggior parte dei casi provocando contraccolpi pesanti sul tessuto sociale.
Proprio su quest’ultimo incide la vicenda della Cooperazione. Casse rurali sempre indicate come modello, ritrovate ai vertici nazionali delle classifiche degli istituti che corrono i maggiori rischi, cooperazione di consumo che potrebbe finire in pasto agli appetiti dei meglio attrezzati “partner” nazionali e che a Trento decide di mandare a casa 130 lavoratori senza che la Provincia, che detiene, tramite la controllata Interbrennero, uno strumento formidabile per impedirlo, alzi un dito.
Oggi, dopo essere passati per Trento Rise e per la corruzione elettorale (che ha assestato un altro colpo alla credibilità delle nostre istituzioni), un ulteriore pilastro di quello che una volta era considerato il Sistema Trentino è messo in discussione.
Stando alle cronache e alle ipotesi della Procura, una componente fondamentale del nostro patrimonio, la più antica impresa di assicurazioni operante in Italia con quasi due secoli di storia, sarebbe stata trasformata in terra di conquista da predoni assolutamente autoctoni con vertici e organi di controllo (soprattutto da loro ci si attendono le risposte) incapaci di intervenire di fronte ad ipotizzate azioni vessatorie contro dipendenti corretti e a centinaia di migliaia di euro spesi (alla luce del sole) per ipotizzate finalità truffaldine.
Assistiamo – sempre stando alle prime informazioni disponibili – all’importazione di modelli che personalmente ritenevo alieni al nostro piccolo mondo che da secoli ruota (o ruotava) attorno a fondamentali come concretezza, frugalità, sobrietà, solidità, lavoro, impegno e fatica. Gioielli, donne, bolidi, abiti griffati, case di lusso fanno da sfondo kitsch a una vicenda lontana anni luce dal Trentino che chi ci ha preceduto ci ha lasciato in eredità.
Un Trentino che, anche per colpa della classe di governo, ha evidentemente perso la bussola. Per la dissoluzione dell’Impero romano, da Diocleziano a Odoacre occorsero un paio di secoli. In Trentino si rischia di fare molto più in fretta.
Cons. prov. Filippo Degasperi
Gruppo consiliare MoVimento 5 Stelle