Disturbi alimentari: anoressia e bulimia

Al momento stai visualizzando Disturbi alimentari: anoressia e bulimia
Screenshot

Da Valsugana News n. 3/2025

I disturbi alimentari, in particolare l’anoressia e la bulimia, sono malattie tipiche delle società sviluppate e in questi ultimi decenni stanno avendo una diffusione quasi epidemica tra gli adolescenti, a carico soprattutto del genere femminile.

Migliaia di casi ogni anno con un’età media di 17 anni, ma che ultimamente colpisce anche le preadolescenti e persino le bambine.

L’anoressia si caratterizza per un’ostinato rifiuto del cibo che in qualche caso può portare fino alla morte, mentre la bulimia porta il soggetto ad abbuffarsi compulsivamente per poi vomitare, anche più volte al giorno, quanto ha ingerito. Personalità, in genere, più conformista e coscienziosa l’anoressica, più impulsiva la bulimica.

Sono disturbi di cui i genitori non si accorgono subito perché i figli tendono a nasconderli.

Quali possono essere dei segnali? La ragazza che va in bagno subito dopo aver mangiato, che nasconde il cibo per poi buttarlo, che fa un’attività motoria esagerata, che si arrabbia moltissimo se la si invita a mangiare di più, che vuole mangiare da sola anziché con i famigliari, ecc. Sono soggetti che cambiano completamente umore e se prima erano contenti, carini, socievoli, disponibili, bravi a scuola, diventano in poco tempo introversi, lunatici, intrattabili, infelici. Comportamenti abbastanza comuni col sopraggiungere dell’adolescenza, ma non così esasperati.

Sono ragazze che hanno una bassa autostima, si sentono inutili, delle fallite, non si piacciono, provano vergogna di se stesse e quando si guardano allo specchio si vedono grasse, gonfie e si detestano intensamente.

Tutto questo non è logico, né facile da capire perché questa malattia non ha una logica.

Dal canto loro, i genitori sono dapprima meravigliati, poi si sentono inadeguati, impotenti, frustrati, colpevoli, anche arrabbiati, ma soprattutto preoccupati quando si accorgono che la figlia è diventata di una magrezza scheletrica.

E in effetti c’è da preoccuparsi perché il dimagrimento eccessivo, soprattutto se avviene nella fase della crescita, può creare dei problemi anche seri.

Sviluppando la malattia, la ragazza si pone al centro della scena familiare perché i genitori, molto preoccupati, si concentrano solo su di lei e lei li tiene in scacco con sfuriate per un nonnulla o minacciando il suicidio che peraltro è molto raro.

In certi casi, potrebbe anche essere un tentativo disperato, benché inconscio, di riavvicinare dei genitori litigiosi o separati. Che ci sia un collegamento tra l’epidemia di separazioni e il proliferare di queste malattie? Punendo papà e mamma per un reale o presunto debito d’amore, o per una paura di abbandono, punisce però gravemente se stessa.

Nei casi più gravi, è comunque opportuna l’ospedalizzazione dove, se necessario, viene anche applicata una nutrizione artificiale somministrando alimenti tramite un sondino nasogastrico.

Sono malattie che possono essere influenzate anche dalla moda che coltiva il mito del corpo magro, ma in genere le cause sono più profonde.

E non sono neppure malattie dell’appetito, ma, come già detto, di carenza d’amore dovuta quasi sempre a un difficile rapporto madre-figlia, a un dubbio sull’amore dei genitori che ha portato a un forte disagio che di solito esplode nell’adolescenza, ma che ha radici nell’infanzia.

Può esserci il desiderio inconscio di rimanere bambine mantenendo un corpo asessuato nell’illusione di ricevere quell’amore o quella protezione che sono loro mancati.

Un’altra motivazione può essere dovuta al fatto di aver avuto nella propria storia personale delle molestie o un abuso sessuale durante l’infanzia o la preadolescenza e anche qui la malattia consente loro, inconsciamente, di mantenere in età adulta un corpo privo di forme femminili per non attirare le attenzioni di altri uomini.

I genitori pensano che l’astenersi dal cibo sia dovuto a una mancanza di volontà, ma queste ragazze, di volontà, ne hanno fin troppa in quanto si sottopongono a una disciplina ferrea che impedisce loro di soddisfare una fame tremenda e le porta a costringersi a un’iperattività dissennata allo scopo di perdere peso e a eseguire i loro “compitini” quotidiani con un perfezionismo esasperato. Tutte cose che gli consente di mantenere le loro angosce sotto controllo e che può anche dare la soddisfazione di sentirsi degli esseri superiori proprio grazie a questa estrema capacità di autocontrollo.

Ma una cosa deve essere chiara: nessuno sceglie di avere un disturbo alimentare o è contento di averlo e purtroppo c’è una forte resistenza al cambiamento e al fatto di accettare un aiuto.

Ma per fortuna una buona percentuale di ragazze guariscono, anche se i genitori devono essere preparati a una lunga lotta per evitare frustrazioni e delusioni.

Occorre, possibilmente, reinserire il soggetto in una relazione affettiva che non può che essere quella familiare. C’è infatti molta rigidità e inflessibilità nella malata che respinge inizialmente i genitori. Importante sarebbe un buon feeling con un terapeuta che un po’ alla volta riesca a far prevalere la “voce” flebile che vuole il bene della ragazza sulla “voce” tirannica che la vorrebbe portare all’autodistruzione. Poi, almeno nella fase acuta, è impor- tante l’appoggio di uno psichiatra che, in genere, prescrive un ansiolitico e un antidepressivo e l’aiuto di un alimentarista che riesca a pattuire con la ragazza una dieta perché ogni invito o insistenza a mangiare, fatti dai ge- nitori, peggiorano solo la situazione.

E comunque occorre che gli stessi genitori trovino tra loro un accordo su come gestire il problema e portarlo avanti con coerenza e fermezza.

a cura di Paolo Degasperi, psicopedagogista e sociologo 


Scopri di più da Associazione Trentino 5 Stelle

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Rispondi