L’approssimarsi delle commemorazioni della Shoah del 27 gennaio è sempre stato per me, ma anche credo per il comune sentire, un doloroso ricordo di un evento tragico della nostra storia.
Solo per il fatto di commemorarlo dovrebbe insegnare a noi e alle generazioni più giovani a fare in modo che non debba più ripetersi.
Quest’anno s’impone una riflessione dolorosa ma necessaria.
Scrive Antonio Gibelli su ” Il Manifesto” del 19 gennaio 2025: “Il capo del governo israeliano ha sulla coscienza lo sterminio dal 7 ottobre 2023 di circa 47.000 palestinesi, gran parte civili. Secondo le stime della prestigiosa rivista scientifica Lancet la stima attuale sale fino a 70 mila. In questi calcoli non sono presenti le menomazioni fisiche e mentali permanenti, né le vittime che si annunciano per denutrizione, freddo, mancanza di cure mediche e chirurgiche dovute alla distruzione di ospedali e all’ uccisione o all’arresto di medici e infermieri, nonché all’interdizione verso le organizzazioni internazionali di assistenza. Nell’ inferno di Gaza, il computo della vita e della morte rimane esercizio.”
Quindi siamo di fronte ad un nuovo genocidio, in diretta TV, raccontato per filo e per segno dai corrispondenti di guerra, tra i quali si contano ben 205 morti, e perpetrato questa volta proprio dal popolo che ha subito il genocidio nazista più di 90 anni fa. Allora però “nessuno sapeva”, non c’erano tv, le comunicazioni erano silenziate dai criminali nazisti e nazifascisti.
Oggi invece sappiamo, eccome!
A nulla, però, è servito istituire giornate commemorative dell’ Olocausto da parte di Nazione Unite, Unione Europea, Stati Uniti d’ America e tantissime altre nazioni, comprese Taiwan e Manitoba…….
Scrive Quasimodo nel 1946:
“Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.,,,”
E’ straziante dover assistere impotenti, almeno noi semplici cittadini, a questo orrore che si perpetua nei secoli e acquisisce sempre più potenza di fuoco e di distruzione, nel silenzio assordante dei nostri capi di stato che riescono solo a balbettare qualche richiamo alla pace. Nessuno di loro esprime parole di condanna verso Netanyahu, anzi è stato invitato dal governo polacco a commemorare ad Auschwitz la liberazione di quel luogo, teatro e simbolo del genocidio ebraico. Nessuno che si adoperi per procedere con il mandato internazionale di cattura per lui ed il suo ex ministro della difesa Gallant, emesso il 21 novembre dalla corte penale internazionale dell’Aja.
Solo semplici cittadini e tantissimi giovani hanno manifestato il loro sdegno nelle piazze di tutto il mondo e si sono battuti con coraggio per il popolo palestinese in nome della difesa dei diritti umani più elementari. Giovani di tante nazionalità, umiliati e insultati come antisemiti, manganellati, presi a calci, trattati come delinquenti, perquisiti fin nelle parti intime, nelle questure, anche italiane, perché scandivano frasi come “Free Palestine” o distribuivano volantini per sostenere il popolo palestinese vittima di genocidio.
Conclude il suo articolo Antonio Cibelli : “Netanyahu nel luogo simbolo della Shoah? Non in mio nome. E’ questo che devono gridare i governi e i popoli se vogliono scongiurare una catastrofe di civiltà ormai alle porte, per non dire già consumata.”
Renata Righi
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