da Valsugana News n. 1/2025
Il 14 di questo mese, il giorno San Valentino, si celebra la Festa degli innamorati e viene spontaneo chiedersi come un amore possa trasformarsi in odio tanto da portare all’uccisione della persona amata. I femminicidi, infatti, con le morti sul lavoro, sono diventati una tragedia nazionale.
In leggera diminuzione nel 2024, solo un centinaio, si fa per dire, rispetto ai 120 del 2023.
L’uccisione di Giulia Cecchettin, l’11 novembre del 2023, da parte del suo ragazzo, ha avuto un’eco a livello nazionale mai avvenuto prima per un femminicidio.
Elena, la sorella di Giulia, ha attribuito la colpa a un patriarcato ancora diffuso. Parlare di patriarcato è forse eccessivo, ma che il maschilismo, da noi, sia ancora diffuso, lo dimostra, ad esempio, una sostanziale disuguaglianza tra uomo e donna e un’asimmetria di potere in tanti ruoli dirigenziali e non solo.
Ne dovrà ancora passare di acqua sotto i ponti se pensiamo che la violenza sessuale, nel nostro Paese, è divenuta reato contro la persona solo nel 1996; prima, ancora vigente il codice Rocco di epoca fascista, lo stupro era considerato solo un reato contro la morale! A questa condizione subalterna della donna, ha contribuito sicuramente anche la nostra cultura cattolica dal momento che fino a qualche decennio fa, la moglie doveva essere “sottomessa al marito, obbedirgli, rispondergli con mansuetudine, sopportarne i difetti, ecc.”
Ora, tante cose sono cambiate e forse proprio per questo è aumentata la violenza contro le donne soprattutto tra le mura domestiche da parte di mariti, compagni o ex.
Il filosofo e psicanalista Umberto Galimberti, interrogato in una trasmissione televisiva, proprio sull’uccisione di Giulia, diceva che oggi gli uomini si sentono minacciati nella loro sicurezza dalla giusta emancipazione delle donne e aggiungeva che i maschi crescono all’interno di famiglie nelle quali godono di un amore incondizionato e quando s’innamorano, passano a un amore condizionato perché quello di una ragazza non è così assoluto, scontato come quello di tanti genitori, in particolare delle mamme che oggi sempre più faticano a lasciar andare i propri figli. E concludeva: “Se i genitori sono disposti a buttarsi nel fuoco per i figli, la fidanzata no”!
Ci vorrebbe, aggiungo io, anche una conversione educativa di tanti genitori che dal “tutto, subito, sempre” passassero al “non tutto, non subito, non sempre”.
Un altro interessante punto di vista su questi delitti così efferati lo dà lo psicoanalista Massimo Recalcati quando afferma che quando amiamo, esigiamo l’amore assoluto che porta con sé l’angoscia che qualcun altro possa prendere il nostro posto. E aggiunge che nell’amore umano c’è sempre una dimensione di follia che può portare a uccidere e fa scandalo che ciò possa avvenire nel nome dell’amore e non dell’odio. Ma poi Recalcati va più in profondità e parla dell’eventualità di un figlio che non sia stato accettato o che sia stato addirittura rifiutato dalla madre e quando un uomo così deprivato in età infantile, trova una donna che gli dice sì, che era atteso, che per lei è insostituibile… nel momento in cui lei lo lascia, egli non può sopportare un altro abbandono.
Molto interessante è anche quanto scrive in un suo libro (“Mio figlio mi adora”) la psicoanalista Laura Pigozzi: “È per ristabilire la proprietà che un uomo aggredisce la sua donna, fosse anche la proprietà di ciò che sarà ridotto a cadavere”. Questi soggetti non possono percepire l’altro come separato da sé e la Pigozzi attribuisce questa difficoltà a separarsi a un’educazione “claustrofilica” cioè tipica di una famiglia chiusa in se stessa dove spesso la madre ha un legame simbiotico con la figlia che non riesce a separarsi dal genitore e in età adulta non riesce a separarsi nemmeno da un partner violento. È purtroppo il caso di quelle donne sottomesse che minimizzano il torto subito o addirittura lo negano o lo rimuovono o ricorrono al cosiddetto go and stop, cioè decidono di andarsene, preparano persino le valige, ma poi rimangono. O, altra strategia malata, è quella delle vittime che, come dice la Pigozzi, “spostano l’attenzione dall’abuso subìto alla fragilità del partner ritenendo che egli, proprio come un bambino, vada protetto, aiutato a crescere e a superare i propri problemi compresi quelli che sfociano nel maltrattamento”. Un masochismo che può sfociare in un sadismo sempre più estremo che porta fino all’uccisione della vittima.
Con l’aiuto di questi studiosi della psiche umana ho cercato di far capire, non certo di giustificare, il perché di violenze così estreme nei confronti di tante donne i cui aguzzini dicono di amare.
Sui vari tipi di violenza che subiscono le donne e di come possono essere aiutate e protette, ne parlerò nel prossimo numero.
a cura di Paolo Degasperi (psicopedagogista e sociologo)
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